E' tantissimo che vorrei parlare di questo libro che ho letto un anno fa.
Ma per farlo dovevo riprenderlo in mano e rileggerlo e, francamente, non ne avevo nessuna voglia.
Non perchè sia un brutto libro, anzi...
Ma perchè fa MALE.
Fa male odiare-amare-odiare-amare questo padre che si racconta, gettando nero su bianco le sue emozioni verso il figlio "fuori standard", senza ipocrisie, senza buonismo.
Fanno male queste emozioni, emozioni che non puoi non condividere, nemmeno quelle per cui, di primo acchito, prenderesti a schiaffi questo papà; ma poi lo "perdoni", perchè la vita con un figlio disabile è "dolce-amara" come la definisce lui.
Ci sono le battaglie burocratiche, c'è l'inciviltà della gente menefreghista, c'è la difficoltà evidente di gestire un bambino del genere da soli, ci sono gli sguardi delle persone, l'incazzatura ed il cinismo, ma c'è anche la non-rassegnazione, la voglia di riprendersi la propria vita, la voglia di combattere e condividere, gli occhi bellissimi di Moreno.
Sono pensieri scritti di getto, alla rinfusa, rimessi a posto in capitoletti di una pagina ed è per questo che sono anche godibili e veloci da leggere
E' un libro che ho avuto la forza di riprendere dopo aver letto, qualche giorno fa, un post su un blog nel quale si parlava di una situazione pesante in cui la madre di due disabili gravi dopo anni ha deciso di metterli in un istituto e di rifarsi una vita.
Ecco, io vorrei che le persone che hanno commentato con leggerezza il post allora, lo facciano di nuovo dopo aver letto "Zigulì", perchè non si può parlare di questi temi con superficialità.
Ed immergersi nel mondo di Massimiliano Verga è un modo per conoscere una realtà che non augureresti nemmeno al tuo peggior nemico.
Zigulì - la mia vita dolceamara con un figlio disabile
Massimiliano VergaMondadori
16.50€
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di HomeMadeMamma
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Lo trovate anche ne La Biblioteca di Filippo
Hai ragione, io anche ho commentato quel post dicendo che non mi piaceva sentire di questi bambini affidati ad un istituto ma le cose bisogna viverle per capirle fino in fondo...credo che neanche un libro basti
RispondiEliminaCiao Giorgia, benvenuta :-)
EliminaNo, certo che un libro non basterà, come non basta un post su un blog... Ma è comunque un modo per parlarne, per far conoscere certe situazioni che se no rimangono nell'ombra, alimentando la superficialità.
E purtroppo essere superficiali, in questo campo è pericoloso, perchè dietro a quest'ombra ci sono persone.
Nel caso del post...
Penso che a nessuno piaccia affidare un proprio caro ad un istituto, che sia un figlio disabile o un nonno malato, però a volte non se ne può fare a meno; per i vecchietti non si scandalizza nessuno però ;-)
A volte la pesantezza o la gravità della situazione travalicano anche la più caparbia buona volontà.
Detto ciò non giustifico la signora, però la capisco, o almeno cerco di farlo...
Bacio
Eccomi, di solito ti leggo ma non commento (come non commento altrove, come non tengo per nulla aggiornato il mio blog, perchè la vita là fuori mi distrae coattivamente e anche se non vorrei...;) ).
RispondiEliminaHo letto il libro e ho conosciuto l'autore: presentava il libro e ci sono andata. Ci sono andata per conto di mia sorella che ha una bimba down e capisco non abbia nesusna voglia di specchiarsi nella chiarezza lapalissiana di Verga (l'ho capito ancor più leggendo questo tuo post) ma, diciamo il vero, ci sono andata perchè mio figlio non è disabile ma fatica molto a scuola e nella vita e volevo confrontarmi con i pensieri di un altro genitore possibilmente "non giudicante". Fatica per troppa sensibilità e troppa razionalità miste ad un animo creativo ed ingenuo, non è un disabilità conclamata, non ha un nome se non disagio.
Conoscere Verga e ascoltarlo (prima o poi ne scrivero' un post anchio, scusami se sarà un doppione, ma vorrei annotarmi cose che ha detto) mi ha consentito di dirmi: s esei incazzata ne hai il diritto!
alessandra
Cara Alessandra, sono proprio contenta se hai scelto di commentare per la prima volta proprio questo post :-)
EliminaSecondo me il discorso non è solo quello di aver diritto di essere incazzati: è anche il non vergognarsi di avere dei figli "fuori standard", il non vergognarsi di dire "ho avuto dei brutti pensieri" (chi fra noi mamme non ha mai tirato giù qualche santo nei confronti di un figlio "standard" che non mangia o che non dorme o che fa i capricci? Ecco, figuriamoci se ci sono difficoltà oggettive come quelle che ti dà l'accudire un bimbo disabile)il non vergognarsi di dire "Non ce la faccio, datemi una mano".
O almeno, questo è quello che ha suscitato in me, poi ognuno ovviamente ci può leggere molto altro in base al suo vissuto.
Perfettamente d'accordo! hai colto nel segno: quale genitore non e' arrabbiato e confuso di fronte alle difficolta' del proprio figlio? Dobbiamo imparare ad ammetterlo e uscire dal perbenismo. Non se se il mio precedente commento era chiaro (l`ho scritto di getto) ma per me verga ha scritto un atto d'amore, amore disperato forse, ma sempre amore e'.
EliminaConosco, in parte, le problematiche legate alla gestione di un figlio diversamente abile, perché ci ho lavorato a lungo in teatro e credo di tornare a farlo molto presto. Credo che la parola chiave sia accettazione, anche se capisco che non sia sempre facile perché siamo esseri umani.
RispondiEliminaMi incuriosisce molto il libro di cui parli: me lo segno.
Grazie,
a presto!
:-)
Ciao ArteMamma, benvenuta :-)
Eliminail libro è molto cinico ma anche molto autoironico.
Nel caso in particolare non penso che questo papà non abbia accettato il figlio "fuori standard" ma che sia incazzato nel sentirsi impotente di fronte ad una situazione più grande di lui e nel vedere la propria vita in pezzi, senza rimedio. Purtroppo i figli "non accettati" non li vedi al parco giochi...(sempre che non siano impossibilitati a farlo, ovviamente).
Poi, sì, siamo umani, purtroppo o per fortuna ;-)
Ho presente quel post, in effetti la prima reazione era sinceramente perplessa, perchè sembrava esserci leggerezza in quella scelta, ma era una storia riportata e riassunta chissà che altro c'era dietro, magari anche solo un raccontarsi che una vita volendo ce la si poteva ricostruirie. E poi so bene che bisogna trovarcisi nelle situazioni e per principio cerco di essere "non giudicante". Conosco la problematica in modo tangenziale perchè ho fatto volontariato alcuni anni con disabili di vario tipo e questo mi ha permesso di capire molte cose, ma è solo la punta dell'iceberg.
RispondiEliminaNon so se mi sento di leggere questo titolo, non ora, ma ne prendo nota.
E se la riflessione è quella indicata da alessandra mi pare molto interessante.
ciao.
Buongiorno Cì.
EliminaCerto, le storie andrebbero inserite nel loro contesto (economico, sociale, culturale) ma ben venga che anche l'aver riportato un racconto parziale abbia "smosso" un dialogo del genere in persone che normalmente non hanno nulla a che fare con il mondo della disabilità.
Mi ha lasciato perplessa il fatto che i commenti più rigidi siano venuti proprio da donne, proprio da noi che dovremmo essere più elastiche e che sappiamo bene cosa comporti il crescere un figlio e forse dovremmo avvicinarci ad immaginare cosa voglia dire averne due entrambi disabili gravi.
Diciamo che come scusante c'è il fatto che situazioni complesse sono appunto "il resto dell'iceberg" e rimangono sconosciute ai più.
Un abbraccio
Mi incuriosisce vedere che proseguiamo per strade (diverse) io e te, ma con percorsi simili :)
RispondiEliminaHo letto anche io questo libro l'anno scorso, molto lentamente, chiudendolo infinite volte e riprendendolo. È duro, fa malissimo, eppure so che lo rileggerò un giorno.
Ho apprezzato tanto le tue parole, a risposta del post che citi, perché sei riuscita a far vedere quanta quanta superficialità ci fosse in frasi dette così, senza pensarci, senza conoscere. Hai mostrato una realtà sconosciuta ai più, se pur per un attimo e chissà con quali risultati.
E non serve che tutti leggano questo libro (magari!!!!); basterebbe capire che la propria esperienza è limitata e si dovrebbe sospendere il giudizio di fronte agli altri, per capire veramente le loro emozioni e le loro ragioni, per conoscere esperienze diverse dalle proprie. Non parlo solamente nei confronti della disabilità, ma come atteggiamento verso gli altri, tutti. Sospendere il giudizio, ascoltare, interrogarsi. Amo sognare in grande ;)
Ciao Barbara :-)
EliminaE'che siamo umani e finchè non vivi sulla tua pelle una situazione del genere, fai fatica ad immedesimarti.
Anche perchè, come molti altri aspetti delle cosiddette "minoranze" anche la disabilità è molto stereotipata, c'è sempre questa idea dell'adulto in carrozzina, della persona che "non può camminare"; mentre lo spettro delle variabili nella realtà è molto ampio e non sempre gestibile con le proprie forze.
E un genitore che può fare?
Incazzarsi, rinchiudersi nel suo dolore, condividere, sensibilizzare...ognuno sceglie la strada che può o che gli è più consona.
Perchè, ricordiamocelo, il genitore è un poveraccio impreparato a cui viene affidata una patata bollente e tanti saluti!
Spesso sbagliamo ma a nostro favore c'è che navighiamo a vista, improvvisando.
p.s.: continua a sognare in grande! :-)
Non ho letto il libro ne il post di cui parli. Il tuo post e' sicuramente un invito a riflettere....
RispondiEliminaBeh, sono contenta :-) Era questo l'intento...
EliminaBenvenuta Moonlitgirl!
splendida questa recensione, dice tutto e quel libro era nei meandri, l'avevo dimenticato, ma ora lo cercherò in libreria...
RispondiEliminaCara Monica, mi fa piacere :-)
EliminaAnche se non è propriamente una lettura "rilassante", però penso sia importante conoscere anche l'altra "faccia della medaglia" dell'avere un figlio "fuori standard" e scontrarsi quotidianamente con difficoltà burocratiche, sociali, ma soprattutto personali ed emotive.
Poi sicuramente si apprezza meglio ciò che si ha, si valorizzano le piccole cose e quello che è realmente importante. O almeno proviamoci!
Ti abbraccio
Scusate se non ho risposto agli altri commenti, ma ho entrambe le pupe malate... Appena possibile vi rispondo ;-)))
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaOggi sorrido a quelle mamme che si lamentano dei loro pupi ... o che non stanno mai fermi, o che non mangiano abbastanza o che non bevono o che dicono troppe parolacce....... o che non fanno la "cacca"..... o che sono troppo bassi, o che sono troppo magri......
RispondiEliminaQuando si ha un figlio "fuori standard"... speri solo che un giorno tuo figlio riesca ad alzarsi in piedi... o che riesca a camminare da solo... e ti chiedi che vita avrà!! Chiara ed Emma
Cara Chiara, non mi sono scordata di rispondere alla tua mail, prima o poi ce la farò ;-)
EliminaIntanto ti abbraccio, a te e alla piccola Emma ("su, su!")
Cara Mamma Compulsiva,
RispondiEliminanon ti scrivo per commentare il tuo bellissimo diario, per starti vicina o per lasciarmi andare alle emozioni e riflessioni a cui mi hai portato..anche se di cose da raccontare ne avrei, ma suppongo di non essere abbastanza coraggiosa. Ti scrivo, vergognandomi, da studentessa di medicina del 5° anno.
A noi studenti di oggi insegnano fin dal primo anno che la medicina di oggi è una medicina “EBM”, che significa basata sull’evidenza. Significa, in poche parole, che nella medicina di oggi dobbiamo usare la logica e la letteratura (scientifica ovviamente) per avvicinarci il più possibile alla verità. E su questo dobbiamo basarci per interagire con i pazienti che –c’insegnano fin dal primo anno- non sono più sottoposti alla potestà assoluta del medico, come era una volta. Bensì questi pazienti sono persone, che ci aiutano nella diagnosi raccontandoci la loro storia, che ci aiutano a trovare le terapie migliori per loro, che decidono, col nostro aiuto, se valga o meno la pena tentare una strategia piuttosto che un’altra. Bello, vero? la verità è che non sempre tutto scorre così lineare..molte volte i medici brancolano nel buio semplicemente perché 2+2 non fa quasi mai 4, perché le malattie non sempre sono riponibili ognuna nel loro cassettino.. perché questi dottori, sono persone, e come tali hanno una tremenda difficoltà ad interagire con la propria specie. Suppongo sia per questi motivi che quando non sanno che pesci prendere rimangono omertosi e ostentano sicurezza, e si nascondo dietro il loro camice. Leggendo questo diario, mi convinco sempre più che alla temutissima domanda “dottore, perché…?” basterebbe un “signora, mi dispiace moltissimo, ma il suo è un caso difficile e siamo abbastanza dubbiosi sul da farsi; l’unica cosa che possiamo fare è tentare la terapia x sulla base di y ma non siamo sicuri del risultato.”
Tutto questo per ringraziarti di avermi ricordato che i pazienti sono persone. E anche se questa è l’ultima cosa che vorresti ricordarti quando sono troppo giovani, o troppo sofferenti o è tutto troppo ingiusto..penso che questo mi aiuti a diventare una persona migliore. Purtroppo è un lavoro che ti peggiora.
Spero di essere stata chiara perché in questo momento ho una marea di pensieri che mi frullano per la testa.
Grazie
Una spaventatissima tra-poco-medico
p.s.: so che c'entra poco con questo post ma avevo bisogno solo di comunicare..e anche se alla fine penso di non esserci riuscita, ecco qua.
Benvenuta "Tra-poco-medico", mi fa piacere che sei approdata anche tu su queste pagine, anzi: mi fa piacerissimo perchè rappresenti il futuro di quello che vorremmo ;-)
EliminaHo capito benissimo quello che intendi dire, il tuo non è stato uno "sproloquio"...immagino anche la frustrazione che deriva dallo scontrarsi con un meccanismo che si è incancrenito nei secoli.
Nessuno di noi genitori "fuori standard" pretende la soluzione ai problemi dei nostri figli (oddio, in realtà ci speriamo, eh!) ma che almeno ci sia la dignità di dire "E' troppo difficile/non ci sono le risorse/non siete nel posto giusto/non ne ho la più pallida idea"..in modo da non farci perdere tempo, consentirci di cercare altre strade perchè a volte il bandolo è tutto qui: IL TEMPO!
O perlomeno che non peggiorino la situazione con la superficialità con cui ci siamo scontrati fin troppe volte. Purtroppo o per fortuna, oramai ci sono i mezzi per documentarsi, il paziente appunto non è più alla"mercè" del dottore e può farsi un'idea; ma non tutti siamo abbiamo gli strumenti culturali per svezzarci dal medico (non in senso che non lo vogliamo, ma per essere un po' più autonomi o perlomeno CONSAPEVOLI)e quindi, nella mia pur breve e limitata esperienza, ho visto troppi pazienti presi per i fondelli...
Anche e soprattutto per interessi economici perchè, diciamolo, un paziente così complesso come i bimbi "sindromici" è anche una bella risorsa economica ;-) ma li sta all'etica del medico!!!
Il cambiamento però deve venire dall'interno, da voi che siete le nuove leve; se già siete alla ricerca del confronto, anche se su un blog, siamo già a buon punto!
Spero che tu non sia più spaventatissima, fatti valere! :-)
Ho visto una sua intervista tempo fa e ricordo che mi colpì molto.
RispondiEliminaIl suo libro, non so se avrò il coraggio di leggerlo.. spero di si. Grazie per averlo proposto.
Ciao Fede :-)
EliminaPenso che la cosa che colpisca di più, di primo acchito, sia il fatto che ci sia un papà che esca dal tracciato dell'immaginario collettivo ed abbia il coraggio di dire "Che sfiga! Sono incazzato nero!".
E lo odi per alcune frasi forti. Poi però non puoi fare a meno di adorarlo per l'amore che traspare in ogni singola lettera, per l'autoironia pungente e la voglia comunque di condividere la sua esperienza.
A me alcune parti hanno anche fatto ridere.
Perchè quando raschi il fondo del barile, l'unica è riderci su, non ci sono molte alternative!
Sono finito per caso in questo blog. Grazie per aver dedicato le sue parole a Zigulì.
RispondiEliminaMassimiliano Verga
Grazie per la bellissima quanto insperata sorpresa :-)
Eliminap.s.:spero che sia finito per caso sul nostro blog digitando "Zigulì" o al massimo "Massimiliano Verga" e non "facce da cazzo simpatiche" come già successo (il lato appassionante della pagina di statistiche di Blogger!) eh eh eh
È vero che dico tante parolacce. Ma ho digitato il mio nome alla ricerca di un vecchio articolo che non trovavo più...
RispondiEliminaGrazie ancora.
PS Davvero si può finire su questo blog digitando quanto lei dice? Quasi quasi ci provo...
Sì sì, è il lato divertente di leggere la pagina delle statistiche del blog :-)
EliminaComunque ancora grazie per essere passato di qui; mi fa piacere che il post abbia suscitato un bel dibattito o quantomeno un po' di curiosità sul tema ;-)
Tematica delicatissima e sempre molto attuale. Non conosco il libro ne' l'autore - bhe, ora si... anche perchè è qui sopra a me ;-) come commento intendo - e capisco cosa voglia dire leggere un libro che "fa male"... Al momento mi sento più propensa a letture meno impegnative, meno "vere".... ma ne prendo nota.
RispondiEliminaCiao Stefania; anche se lo leggerai tra 10 anni vedrai, non sarà "fuori moda" ;-)
EliminaGrazie per essere passata di qui!
Conosco l'autore e il libro. Non mi meraviglia che tu ne abbia parlato. E' vero. E'un libro che fa male. Ma fa riflettere ed è molto veritiero. Sappiamo bene che non è facile per niente. Ma poi..quella gran botta d'amore....
RispondiEliminaMolto triste da leggere.....il bambino sembra il ritratto di mia figlia....fa molto male leggere queste cose,mia figlia e ancora piccola ma io personalmente quel sentimento di rabbia verso il figlio non riesco a provarlo....provo rabbia verso tutto il resto ma lei mi fa solo una gran pena.....forse è peggio la pena che la rabbia verso il proprio figlio ma mi basta un suo sorriso anche dopo due ore di pianto inconsolabile che tutto torna normale.....se mi posso permettere da madre di una bimba gravemente disabile non condivido il libro certi sentimenti verso il figlio non bisogna nemmeno pensarli ....loro non hanno colpe....la rabbia non porta a nulla l amore si è la rabbia verso mia figlia non deve esistere.....ripeto e dura ma ci sono cose scritte che mi rendono veramente triste ....
RispondiElimina